domenica 22 gennaio 2012

I teorici del Restauro Architettonico

EUGENE VIOLLET-LE-DUC

teorico del restauro stilistico, autore di opere quali Dictionnaire raisonné de l'architecture française du XIe au XVIe siècle (Parigi 1854-68), Dictionnaire raisonné du mobilier français de l'époque carlovingienne à la Renaissance (1858-75), Entretiens sur l'architecture (Parigi, 1863).
Architetto, storico, disegnatore, massimo trattatista dell’architettura del suo secolo e di quella gotica,  rifiuta gli insegnamenti della Beaux  Arts  e la sua formazione avviene  in atelier di architetti francesi.
Attento osservatore e abile disegnatore  studia l’architettura  gotica e le tecniche costruttive direttamente  sul campo,  durante i  cantieri di restauro che gli vengono affidati.
La sua conoscenza dell’arte medioevale è apprezzabile  nel suo dizionario  sull’architettura francese dall’XI al XVI secolo, che pubblica tra il 1854 e il 1868.
La sua carriera di architetto restauratore si realizza  in tutto il lungo  periodo in cui il Merimeé  è ispettore generale dei Monumenti  e, insieme danno un eccezionale impulso al restauro, almeno dal punto di vista  teorico e  delle conoscenze storico-strutturali  degli edifici.
Per Violet Le Duc  “restaurare” significa   “ripristinare un edificio in uno stato di completezza che  può  non  essere mai esistito in un dato momento .... Restauro vuol dire contaminazione del presente con le spoglie del passato”
-   ma afferma anche che: “ Se l’architetto incaricato di un restauro deve conoscere le forme e  gli stili di quell’edificio  e la scuola dalla quale proviene, egli  deve meglio ancora, se possibile, conoscere la sua struttura, la sua anatomia, il suo temperamento”
Tuttavia si lascia spesso prendere la mano dalle ricostruzioni  e  completamenti in stile su edifici e monumenti, anche quelli mai portati a termine dall’artista originario  perchè è suo convincimento che  “...  quando si debbono aggiungere parti nuove, anche se non mai esistite, occorre mettersi al posto dell’architetto primitivo e supporre che cosa farebbe lui se tornasse al mondo e se avesse innanzi lo stesso problema.”
Le  Duc si  oppone con risolutezza agli sventramenti urbanistici che si vanno a realizzare sul territorio nazionale  sulla linea della nuova urbanistica Haussmaniana  che  portano alla distruzione di tanti  insigni  monumenti.
Tra gli aspetti metodologici positivi del suo lavorare nel restauro si sottolinea  l’attenzione sulla necessità, prima di cominciare un lavoro di restauro, di analizzare esattamente età e carattere di ogni singola parte del monumento, raccogliendo appunti scritti, documenti inconfutabili, rilievi grafici e, addirittura fotografici. L’importanza data da Le Duc alla  fotografia nella fase preparatoria del restauro è notevole, sia come documento giustificativo del restauro eseguito sia come elemento di studio: “.. in quanto spesso si riesce a scoprire su di essa qualche testimonianza che non si è riusciti a vedere direttamente sul monumento.”




Il  Restauro   Romantico   in    Inghilterra


Nella società vittoriana  dell’Inghilterra del XIX secolo,  caratterizzata  da uno  scarso interesse e da una profonda sfiducia  per il presente,  si guarda indietro e si anela  ad  una idilliaca quanto improbabile società medievale. Qui il  revival  gotico trova il suo senso e la sua origine: esso, infatti, non è concepito come la preferenza per uno stile quanto come il desiderio di evocare un’atmosfera. Il gotico rappresenta per gli inglesi la libertà naturale contro la costrizione della civiltà, l’atteggiamento contemplativo e di diniego contrapposto
alle attività etiche, sociali, economiche, ecc.  In questo atteggiamento nei confronti della società moderna  si  aggiunge una profonda  contemplazione e una predilezione delle rovine,  che rappresentano il trionfo del tempo sulle attività dell’uomo. La  poetica delle rovine e, in particolare di quelle gotiche, trova un fertile terreno e,  ben presto  si finisce anche con il costruirne (nei giardini, nei parchi): in Inghilterra a partire dal 1750 di giardini all’inglese, in cui contrariamente  a quelli italiani, predomina l’irregolarità, lo spazio infinito, le forme libere, a cui si accompagnano le rovine, originarie o costruite ex novo.




JOHN RUSKIN  (1819 – 1900)


Sociologo, scrittore  e critico letterario  londinese  ha una visione  ha  una  contemplazione mistica dell’opera d’arte che viene considerata appartenente unicamente al suo creatore per cui:  possiamo goderne la sua bellezza e anche la sua rovina ma non abbiamo il diritto  di toccarla.
Conoscere e conservare i beni culturali del passato è un modo per contestare l’insensibilità, l’indifferenza, l’ottundimento, dell’uomo moderno. Il traviamento del gusto è una diretta conseguenza della civiltà industriale che ha separato l’uomo dal prodotto del proprio lavoro ed ha scisso l’arte dalla società. 
Convinto che la dignità dell’opera è anche nella sua rovina in quanto anche nell’aspetto pittoresco vi è un valore d’arte,  afferma che   bisogna accettare la sua fine perchè è un fenomeno naturale;
Il restauro per Ruskin è visto come la distruzione più completa che possa subire un edificio: è quindi  contrario a qualsiasi intervento di restauro e  accetta al più interventi di manutenzione. Poichè il restauro è distruzione di ogni elemento di testimonianza storica autentica è necessario proteggere per non restaurare.
 Non ammette completamenti di alcun genere nelle opere d’arte come nei monumenti, nè integrazioni di parti lacunose.










Definizione  di  una  scuola  moderna   del  restauro: Boito e Giovannoni  in  Italia 


CAMILLO BOITO    (1836 – 1914)


Architetto, docente di storia dell’architettura, scrittore e trattatista assume una posizione intermedia tra il Restauro Romantico di Ruskin e  il restauro stilistico di Violet Le Duc.  Del primo  infatti non condivide di accettare la fine di un monumento così come non si accetta la  fine di un uomo senza prima aver tentato  ogni cura per salvarlo, condanna  il restauro stilistico per aver portato i restauratori  sulla via della falsificazione e della menzogna.


Per il Boito  bisogna CONSERVARE più che RESTAURARE  e i  compimenti se indispensabili, devono portare il segno della propria epoca.  Per paradosso preferisce  i   RESTAURI MALFATTI  (facilmente individuabili)   ai   RESTAURI FATTI BENE.
Riguardo alla prassi di rimuovere parti successive  sottolinea che non sempre le parti  più antiche devono vincere sulle parti aggiunte le quali possono avere una loro intrinseca bellezza.


-     Convinto che nei monumenti si potevano individuare tre  qualità dominanti : apparenza   archeologica,  pittorica   e bellezza architettonica, distingue tre tipi di restauro:


Restauro archeologico       (per le antichità)
Restauro pittorico              (per il  Medioevo)
Restauro architettonico    (dal rinascimento in poi)


 



GUSTAVO GIOVANNONI    (1873 – 1947)


Architetto, titolare della cattedra di  Architettura della scuola di Ingegneria  di Roma,  fu tra i fondatori della Nuova Scuola Superiore di Architettura  a Roma nel 1920, la prima in Italia. Fece rientrare tra gli insegnamenti fondamentali di detta scuola:


b) il rilievo dei monumenti;
c) la storia dell’architettura;
d) i caratteri stilistici dei monumenti;
e) il restauro dei monumenti.




Il  Giovannoni legittimo continuatore del Boito, diede il suo contributo attivo per definire il più cauto, moderno e scientifico concetto del restauro.  Tale restauro, detto scientifico, si limita a riparare, consolidare, e conservare un monumento rispettando di esso ogni parte che rivesta carattere d’arte o di semplice documento.
La definizione di monumento,  secondo  il  Giovannoni,    deve  comprendere  qualunque costruzione del passato, anche modesta che abbia valore di arte e di storica testimonianza. e non solo “ L’opera architettonica grandiosa che segna un caposaldo  nella storia dell’architettura  e della civiltà” così come   era data  dalla legislazione italiana fino al 1904.
Nella pratica del restauro  ARCHITETTONICO egli prevede cinque tipi di intervento:


1) CONSOLIDAMENTO     (lavori di rinforzo strettamente necessarie)
2) RICOMPOSIZIONE         (anastilosi)            
3) LIBERAZIONE                (eliminazione di sole superfetazioni)
4) COMPLETAMENTO       (aggiunte di parti nuove purchè accessorie)
5) INNOVAZIONE        (aggiunte di parti essenziali che dovessero risultare indispensabili)




Fissa  infine i criteri di impostazione per la tutela dei centri storici  che si possono riassumere  in due punti essenziali:
Inserimento dei centri antichi nella vita economica della città moderna;
Risanamento e rivitalizzazione dei centri antichi.



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